Le
riflessioni di Giulia Bongiorno e Concita De Gregorio: da
destra e da sinistra un invito alle donne a NON
tacere
LA LETTERA
La Repubblica
21/01/2011
Noi donne calpestate, non possiamo
tacere
di GIULIA BONGIORNO*
Caro direttore,
quando è in corso un'indagine che
riguarda un personaggio pubblico, l'immancabile amplificazione
mediatica che ne consegue è insidiosissima. Di solito, gli
elementi divulgati sono soltanto quelli raccolti dai pubblici
ministeri. Si finisce così per attribuire il crisma di verità
a tesi parziali.
E l'idea che se ne fa l'opinione pubblica
può risultarne alterata. Da avvocato, sento quindi l'obbligo
di sottolineare che l'indagine sul premier Silvio Berlusconi
non deve fare eccezione: prima di formulare giudizi in merito
alla fondatezza delle accuse mossegli dalla Procura, bisogna
senza dubbio attendere gli sviluppi processuali. Fatta questa
doverosa premessa, voglio però subito precisare che non sono
affatto d'accordo con quanti usano questo ragionamento come
arma per stroncare ogni tipo di riflessione critica: in questi
giorni ho infatti sentito invocare la presunzione di innocenza
per mettere a tacere chi contestava non la consumazione di
reati ma fatti storici oggettivamente emersi, fatti che nessun
processo potrà mai cancellare.
In definitiva, se prima di
condannare è necessario aspettare che si faccia chiarezza
sulla sussistenza di certi reati, non si può ignorare che non
tutto quanto è emerso in questi giorni è "in attesa di
giudizio": il contesto oggettivo in cui sarebbero maturate le
vicende processuali non ha improvvisamente squarciato un velo
e mostrato un profilo imprevisto e del tutto inedito del
premier.
Nelle aule di Milano si discuterà se
Silvio Berlusconi abbia o meno consumato i reati di
prostituzione minorile e di concussione, ma non erano
necessarie le vicende sottostanti a queste contestazioni - né
una sentenza - per conoscere la sua opinione sulle donne.
Un'opinione che, se non ha rilevanza penale, ha tuttavia
un'enorme rilevanza politica. Un'opinione da lui stesso
espressa in modo inequivocabile con battute, barzellette,
colloqui pubblici e privati. Un'opinione già delineatasi
attraverso le dichiarazioni di Veronica Lario, quelle più
recenti di Barbara Berlusconi (due testimoni molto
attendibili), le vicende di Noemi Letizia e Patrizia
D'Addario, nonché attraverso la singolare questione di alcune
donne prima forse inserite nelle liste delle candidature alle
Europee del 2009 e poi da quelle liste sicuramente scomparse.
Quello che Silvio Berlusconi sembra maggiormente apprezzare
nel genere femminile è l'avvenenza, al punto da far passare in
secondo piano requisiti di ben altro spessore (credo sia
rimasta impressa nella memoria di tutti la rozzezza della
battuta all'onorevole Rosy Bindi); ancora meglio, poi, se a un
aspetto fisico di un certo tipo si accompagnano giovane età,
accondiscendenza e disponibilità ad abdicare al proprio
spirito critico. Di fronte a tutto ciò, ho sentito obiettare
che si tratterebbe di questioni attinenti alla vita privata
del premier e che dunque - appunto per questo - dovrebbero
riguardare soltanto lui e la sua coscienza. No, non è così.
Non c'è spazio per sostenerlo: lo stile e
la filosofia di vita di un uomo che riveste la carica di
presidente del Consiglio non possono non ripercuotersi sulla
vita pubblica. Lo dimostra il fatto che Berlusconi, con le sue
parole e i suoi comportamenti, ha inferto una ferita a tutte
le donne italiane: alle donne che studiano e lavorano (spesso
percependo stipendi inadeguati o, come nel caso delle
casalinghe, senza percepirli affatto), a tutte noi che
facciamo fatica un giorno dopo l'altro; alle donne che per
raggiungere ruoli di rilievo non soltanto a certe feste non ci
sono andate, ma hanno semmai dovuto rinunciare a vedere gli
amici; a quante, invece di cercare scorciatoie, hanno percorso
con dignità la strada dell'impegno e del sacrificio. E a
coloro alle quali è stato chiesto, più o meno esplicitamente,
di scegliere tra vita privata e vita pubblica, perché
conciliare un figlio con il successo sarebbe stato troppo
difficile: con il risultato che hanno rinunciato alla
maternità o che ci sono arrivate ben oltre il momento in cui
avrebbero voluto.
A ciascuna di loro - nel momento in cui
le donne vengono scelte e "premiate" in base non al merito ma
a qualcos'altro che con la professionalità, l'impegno,
l'intelligenza ha poco o nulla a che fare - è stata riversata
addosso l'inutilità del suo sacrificio.
Brucia, questa ferita.
Brucia anche perché non sfugge che sono davvero in tanti a
sottolineare, forse persino con un pizzico d'invidia, la
fortuna e il fascino di un uomo più che maturo circondato da
giovanissime più o meno avvenenti che si contendono i suoi
favori, pronte a tutto pur di compiacerlo. Anche se, in un
paese maschilista come il nostro, la complicità tra uomini
turba ma non sorprende.
Ma non si tratta esclusivamente di una
ferita inferta alla dignità della donna, c'è di più; mai le
battaglie del presidente del Consiglio hanno coinciso con le
battaglie delle donne. Basterebbe a tal proposito ricordare
che negli elenchi delle priorità di questo governo, che via
via vengono snocciolate, figura di tutto - in primis,
battaglie contro magistrati "comunisti" - , ma mai, mai,
battaglie a favore delle donne. Come se le donne non avessero
problemi concreti e indifferibili. Come si può ipotizzare che
le leggi per combattere pm "politicizzati" siano più urgenti
di quelle che dovrebbero venire incontro alle necessità di
tutte noi? E allora non copriamo con l'alibi del segreto
istruttorio, o con il fragile scudo della privacy, ciò che
segreto non è, e nemmeno riservato. Ma sono le donne che per
prime devono farsi forti della loro dignità e della
consapevolezza del loro valore - senza distinzione di età,
credo politico, provenienza geografica - per esprimere a voce
alta lo sdegno che questa mentalità suscita, ne sono sicura,
nella stragrande maggioranza di noi.Se credono, gli uomini
continuino pure ad ammirare e a sostenere Silvio Berlusconi;
le donne, per favore, no.
*L'autrice dell'articolo è presidente
commissione Giustizia della Camera
Blog “L’Unità”
18 gennaio 2011
Le altre donne
di Concita De
Gregorio
Esistono anche altre donne. Esiste San
Suu Kyi, che dice: «Un’esistenza significativa va al di là
della mera gratificazione di necessità materiali. Non tutto si
può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere
comprati. Quando penso a un paese più ricco non penso alla
ricchezza in denaro, penso alle minori sofferenze per le
persone, al rispetto delle leggi, alla sicurezza di ciascuno,
all’istruzione incoraggiata e capace di ampliare gli
orizzonti. Questo è il sollievo di un popolo».
Osservo le ragazze che entrano ed escono
dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi
come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che
costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo
che passano le notti travestite da infermiere a fingere di
fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario
ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere
fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e
un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno
visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv
e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti
di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari
di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è
politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura,
di consapevolezza, di dignità.
L’assenza di un’alternativa altrettanto
convincente.
E’ questo il danno prodotto dal
quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto
politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il
medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.
Sono sicura, so con certezza che la
maggior parte delle donne italiane non è in fila per il bunga
bunga. Sono certa che la prostituzione consapevole come forma
di emancipazione dal bisogno e persino come strumento di
accesso ai desideri effimeri sia la scelta, se scelta a queste
condizioni si può chiamare, di una minima minoranza. È dunque
alle altre, a tutte le altre donne che mi rivolgo. Sono due
anni che lo faccio, ma oggi è il momento di rispondere forte:
dove siete, ragazze? Madri, nonne, figlie, nipoti, dove siete.
Di destra o di sinistra che siate, povere
o ricche, del Nord o del Sud, donne figlie di un tempo che
altre donne prima di voi hanno reso ricco di possibilità
uguale e libero, dove siete? Davvero pensate di poter alzare
le spalle, di poter dire non mi riguarda?
Il grande interrogativo che grava
sull’Italia, oggi, non è cosa faccia Silvio B. e perché.
La vera domanda è perché gli italiani e
le italiane gli consentano di rappresentarli. Il problema non
è lui, siete voi.
Quel che il mondo ci domanda è: perché lo
votate?
Non può essere un’inchiesta della
magistratura a decretare la fine del berlusconismo, dobbiamo
essere noi.
E non può essere la censura dei suoi vizi
senili a condannarlo, né l’accertamento dei reati che ha
commesso: dei reati lasciate che si occupi la magistratura, i
vizi lasciate che restino miserie private.
Quel che non possiamo, che non potete
consentire è che questo delirio senile di impotenza declinato
da un uomo che ha i soldi – e come li ha fatti, a danno di
chi, non ve lo domandate mai? - per pagare e per comprare cose
e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e
puttane portate a domicilio come pizze continui ad essere il
primo fra gli italiani, il modello, l’esempio, la guida,il
padrone.
Lo sconcerto, lo sgomento non sono le
carte che mostrano – al di là dei reati, oltre i vizi – un
potere decadente fatto di una corte bolsa e ottuagenaria di
lacchè che lucrano alle spalle del despota malato. Lo sgomento
sono i padri, i fratelli che rispondono, alla domanda è sua
figlia, sua sorella la fidanzata del presidente: «Magari».
Un popolo di mantenuti, che manda le sue
donne a fare sesso con un vecchio perché portino i soldi a
casa, magari li portassero.
Siete questo, tutti? Non penso, non credo
che la maggioranza lo sia. Allora, però, è il momento di
dirlo.